Elizabeth Aro è un'artista interdisciplinare che crea progetti site specific stimolanti ed estesi. Incorpora elementi scultorei, tessuti e fotografie in opere che producono un'esperienza atmosferica e ci collegano con ricche tradizioni e storie, aumentando al contempo la consapevolezza del nostro ambiente.
Nata a Buenos Aires, vive a Madrid da 15 anni e attualmente vive e lavora a Milano.
Ha studiato arte alla Scuola Nazionale di Belle Arti Prilidiano Pueyrredón a Buenos Aires e Storia dell'Arte a Buenos Aires all'UNA.
Era una delle artiste più giovani della mostra a cura di Mari Carmen Ramirez "El taller Torres Garcia:
la School of the South alla Huntington Art Gallery, ad Austin, Texas, che ha ancorato la sua pratica nell'astrazione precolombiana.
È stata la prima artista donna argentina a fare una mostra personale nel Museo Nacional Reina Sofia di Madrid.
Il suo lavoro è presente nelle collezioni di GAM Galleria Arte Moderna di Torino, MAMBA Museo de Arte Moderno Buenos Aires e MACRO Museo d'Arte Contemporanea Rosario, e in collezioni private in Argentina e in Europa.

Elizabeth Aro
Le opere di Elizabeth Aro, artista interdisciplinare specializzata in installazioni site specific, sono improntate a un’azione lenta, che rimanda sia al femminile che alla ricerca del “noi” e delle proprie radici. In Danza Nocturna Elizabeth Aro, esplora il rapporto tra uomo e terra, la potenza e la benevolenza della Natura come identità a cui siamo legati e da cui dipendiamo. Usando un paracadute ritrovato e un prezioso velluto jacquard di Marzotto Interiors, l’opera narra una storia di smarrimento proprio della nostra epoca. Una storia simile a quella narrata da Mariana Travacio nel racconto Figure infinite, per la prima volta tradotto in italiano, in occasione di Art Site Fest.
Ad accompagnare l’installazione site specific ci sarà un reading di Eleni Molos, già voce per la performance multimediale Ballammo fino a morirne al Castello di Govone, sul testo di Mariana Travacio.
Danza Nocturna racconta anche l’identità storica del Principato di Lucedio, che ospita l’installazione, noto per il suo millenario legame con la coltivazione e la cura della terra.